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mercoledì 18 gennaio 2017

Sulla democrazia rappresentativa

Pubblicato qui: https://www.facebook.com/stefano.militi/posts/10209735212431966?comment_id=10209738189946402&comment_tracking=%7B%22tn%22%3A%22R%22%7D

Premesso che non sono un amante della "democrazia rappresentativa", e chi venisse sul mio profilo potrebbe leggere il perché. La favoletta della democrazia quale novella religione - nel senso, di tacciare di sacrilegio chiunque si azzardi a criticarla, con me non attacca:
1. perché questa non è democrazia;
2. perché non si può creare un sistema democratico di sessanta milioni di cittadini - ma neanche di centomila. A ben guardare, storicamente la democrazia nel nostro continente si è realizzata in due occasioni: al tempo dell'antica Grecia, nelle colonie troppo distanti dalla madre patria, che perciò si sono organizzate in autogestione; e al tempo dei Liberi Comuni e delle Repubbliche Marinare;
3. perché non si può creare un sistema democratico all'interno di un sistema economico che si può permettere di comprare non un politico - anche se già ciò basterebbe per mettere il sistema (democratico) in crisi, ma un'intera nazione. Non sto esagerando: Walmart, il gigante della distribuzione negli Stati Uniti, l'equivalente della nostra UPIM, fattura più del PIL della Norvegia;
4. infine, perché la democrazia prevede un popolo unito, capace di fare scelte che coinvolgano la comunità intera - ed ecco perché la democrazia si realizza nei piccoli centri: in una nazione popolosa come la nostra, i cittadini s'ignorano l'un l'altro, ed è ovvio che alla fine si creino spaccature e contrapposizioni tra gli appartenenti.
In Italia, peggio che altrove ("Ahi serva Italia, di dolore ostello..."), da secoli s'è sviluppata la mentalità di (s)vendersi al miglior offerente, per ottenerne i favori: sicché il malaffare è vivo e vegeto finanche nei centri più piccoli - tempo fa mi raccontava un'amica di tanti e tanti contadini del Viterbese che vendettero la terra ai palazzinari: ecco, un popolo siffatto non può vivere in democrazia - né diretta, per quanto a me piaccia di più, né rappresentativa.
Il vincolo di rappresentanza è il corrispondente della condanna nei confronti di quei contadini - e di tutti coloro che negli anni si fossero venduti. Abbiamo visto e sentito tutti quando l'allora Segretario del Partito Democratico (a proposito di democrazia...) andava cercando di strappare qualche parlamentare al MoVimento 5 Stelle; tant'è che Marco Travaglio ne sottolineò l'incoerenza («Quando lo faceva Silvio Berlusconi era compravendita, quando lo fa Pierluigi Bersani è "scouting"»).
Ecco: una simile schifezza deve finire. Il parlamentare, che come il peggiore dei cittadini cerca di fiutare dove sia più conveniente prostituirsi, deve essere ricondotto dove merita: ovverosia a casa. Come giustamente è stato fatto notare ai parlamentari europei Marco Affronte e Marco Zanni, ultimi transfughi noti alle cronache, essi hanno tutto il diritto di dissentire dalle scelte del gruppo politico di appartenenza; ma correttezza vuole che si facciano rieleggere, qualora volessero rientrare in Parlamento tramite un altro gruppo. Troppo facile prendere i voti di qua, per poi andare di là: io definisco un tale comportamento come "tradimento del mandato popolare", e come tutti i traditori li condanno alla /damnatio memoriae/: https://it.wikipedia.org/wiki/Damnatio_memoriae .

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