Tuareg

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sabato 28 maggio 2016

Sulle (presunte) parole di Sumaya Abdel Qader

Pubblicato in tre parti, la prima qui: https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=511657869045163&id=100006028639466&comment_id=511982695679347&comment_tracking=%7B%22tn%22%3A%22R%22%7D

Sembrerebbe (il condizionale è d'obbligo) che le cose non stiano proprio così: e voglio sperare che lo siano, perché in caso contrario questa donna starebbe facendo un doppio gioco ripugnante come pochi (vedi qui le sue parole: http://sumaya-blog.blogspot.it/2016/01/il-senso-del-velo.html ).
Innanzi tutto, Sumaya parla sempre del hijab, un velo che copre i capelli e il collo della donna, lasciando scoperto il viso (vedi qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Tipi_di_velo_islamico ): e ciò nonostante esistano diversi sistemi di velatura del corpo, quali coprono il viso (dal burqa al niqab), quali lasciano il viso scoperto (dall'abaya allo chador). Quindi, se Sumaya avesse voluto parlare di velatura del volto avrebbe potuto comodamente ravanare nelle tradizioni dei paesi islamici: se non l'ha fatto, posso tirare un primo respiro di sollievo.
Di presso, Sumaya parla del velo (ricordo, parla e si fa fotografare con l'hijab, che lascia il volto scoperto) come di un precetto religioso, tuttavia però richiama il dettame coranico che chiaramente dice «non c’è costrizione nella religione» (Al-baqara 256); e con questo precetto si scaglia _contro_ chi impone il velo. Quindi, a giudicare dalle sue parole - e dalla sua determinazione contro l'imposizione religiosa, probabilmente la situazione è più chiara di com'è stata dipinta da un certo giornalismo agitazionista.

La seconda parte: https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=511657869045163&id=100006028639466&comment_id=511982815679335&comment_tracking=%7B%22tn%22%3A%22R%22%7D

A questo punto, scrivo la mia opinione. Premesso che sono un ateo materialista, ovverosia credo nell'esistenza di ciò che può essere misurato. Credo nella materia, credo nell'energia, credo nella gravitazione universale: e per credere in queste cose basta osservare la realtà: prendo una penna, la sollevo, la lascio cadere, ecco dimostrata l'esistenza della gravitazione universale.
Credo poi nell'esistenza delle idee, che però sono concetti astratti, prodotti dagli esseri umani: quindi le idee esistono, ma non sono oggetti materiali, perciò non esistono idee perfette né idee oggettive. Come mi ha insegnato mio padre, le idee sono come le scarpe: ognuno ha le sue, gli piacciono le sue, si trova bene con le sue e preferisce le sue.
Ora: mentre le entità misurabili sono oggetti concreti, ai quali possiamo assegnare un valore numerico e quindi classificarle per il tramite di quel valore; le idee invece, essendo frutto della mente umana, sono criticabili e accettabili o rifiutabili. Da un punto di vista materiale, il velo è un pezzo di tela: ma dal punto di vista ideologico, quel pezzo di tela può assumere mille significati diversi. Un po' come le scarpe di mio padre.
Premesso che il Profeta mai abbia avuto in mente la segregazione delle donne: tant'è che sua moglie Khadīja era una commerciante, e anche la famosa Aisha, figlia del migliore amico del Profeta, ancorché fu data in sposa alla tenera età di sei anni, divenne una figura di enorme rilievo per quanto riguarda la tradizione orale relativa alla vita privata del Profeta - anche perché visse a lungo dopo il decesso di Maometto. Per la sua conoscenza, Aisha fu considerata un fondamentale punto di riferimento per le successive generazioni di musulmani: una cosa che attualmente sarebbe difficilissima per qualsiasi donna musulmana.

La terza parte: https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=511657869045163&id=100006028639466&comment_id=511987302345553&comment_tracking=%7B%22tn%22%3A%22R%22%7D

Quali significati può assumere il velo? Sumaya sostiene che esistano due tipi di donne: quelle «che riconoscono tale prescrizione [religiosa] e, in questa, riconoscono la volontà divina che accettano come atto di fede e amore verso il Dio, scegliendo liberamente di indossarlo»; e quelle «a cui è imposto il velo semplice o integrale a causa di regimi totalitari/estremisti». Ora, io personalmente rifiuto la "prescrizione religiosa" per il semplice fatto che ritengo le religioni essere frutto della mente umana; ma se una donna o un uomo adulti vogliono indossare un simbolo religioso, facciano pure. Tuttavia, io rispetto a Sumaya faccio un altro ragionamento, ch'è quello che mi porta a tenere le antenne dritte dinanzi alla "fede": vale a dire, la copertura del volto.
Checché ne vogliano le giustificazioni teologiche degl'islamici - e non solo, dal momento che anche in Europa e ovviamente in Italia le donne erano solite girare con un fazzoletto che copriva i capelli: secondo la mia personale visione del problema, il divieto di mostrare il volto è un modo per cancellare l'esistenza dell'essere umano. Il modo più semplice che noi umani abbiamo per riconoscerci è, guarda un po', il volto: quanti modi di dire ci sono legati al volto e alle sue parti, in particolare gli occhî ma anche le orecchie, il naso, la bocca, i capelli (pensiamo alla Chioma di Berenice: https://it.wikipedia.org/wiki/Chioma_di_Berenice_(Callimaco) ).
Ora, se a una donna è imposto di nascondere il volto, ebbene essa diventa un'entità al limite tra il reale e l'irreale: certo è un essere umano, ha sicuramente un nome (speriamo!), un padre, un fratello, un marito, un figlio eccetra; ma se metto assieme anche cinque, anche due donne velate, ecco che mi è impedito di riconoscerla. Se a questo aggiungiamo tutti gli altri condizionamenti a cui sono sottoposte le donne (in Arabia Saudita è vietato loro di guidare la macchina, tant'è che durante la Guerra del Golfo le donne soldato sono state un grave problema per la religiosità del posto - della serie, se le donne statunitensi addirittura combattono armi alla mano, perché alle donne arabe è vietato perfino guidare?), è facile comprendere la mia avversione per la "cancellazione" sociale della donna.
Perciò concludo: per quanto ognuno debba essere libero di appartenere, vuoi a un'ideologia, vuoi a una religione, vuoi al Club delle Giovani Marmotte, nel caso della velatura del volto andiamo troppo oltre. Il Profeta stesso fu poco preciso nella definizione della velatura della donna; a questo aggiungo il diritto umano a esistere, in barba a qualsiasi "volontà di Dio". Dopotutto, in Campo de' Fiori a Roma campeggia la statua di un frate domenicano, col volto diretto verso il Vaticano - ma chino verso il basso: proprio per rimproverare i danni che l'idea (malata, fatemelo scrivere) secondo cui "Deus vult" (Dio lo vuole) ha addotti in Europa per secoli. È ora che anche i nostri amici islamici provvedano a liberarsi da questi pensieri parassiti.

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